L’illuminazione dei luoghi di lavoro in interni
UNI EN 12464-1:2011
UNI EN 12464-1:2011
Introduzione
La nuova normativa UNI EN 12464-1 “Illuminazione dei posti di lavoro. Parte 1: posti di lavoro in interni” in vigore dal 1 luglio 2003, andata a sostituire la vecchia UNI EN 10380 datata 1994 “Illuminazione di interni con luce artificiale”, va a definire i criteri per una corretta progettazione illuminotecnica dei luoghi di lavoro ed introduce alcuni concetti atti a migliorare la qualità dell’illuminazione.
L’edizione 2003 della norma UNI EN 12464-1 è andata in pensione lo scorso 31 dicembre 2011 per essere sostituita da una nuova versione datata luglio 2011.
L’edizione 2003 della norma UNI EN 12464-1 è andata in pensione lo scorso 31 dicembre 2011 per essere sostituita da una nuova versione datata luglio 2011.
La norma EN 12464-1 versione 2011 apporta alcune significative differenze rispetto alla versione del 2003, ma come la precedente riunisce nel soddisfacimento di tre fattori fondamentali (tabella 3), l’idea di progettazione illuminotecnica nei luoghi di lavoro:
- Comfort visivo, cioè il raggiungimento di una sensazione di benessere, fisiologico e psicologico, che contribuisca a migliorare la produttività dei lavoratori;
- Prestazione visiva, cioè la possibilità, da parte dei lavoratori, di svolgere il loro compito anche in condizioni difficili e a lungo nel tempo. Può essere definita come il rapporto tra il lavoro svolto con un certo illuminamento e lo stesso lavoro svolto in condizioni di illuminamento ideale (se ne ricava un coefficiente inferiore ad 1 come risulta dalla tabella 4). La prestazione visiva viene influenzata dalla capacità visive della persona (giovane, anziana), dal tipo di compito visivo da svolgere (facile, medio, difficile) e dalle caratteristiche dell’ambiente e del tipo di impegno richiesto (medio, elevato);
- Sicurezza, cioè la garanzia che l’illuminazione non incida negativamente sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori;
Esaminiamo in dettaglio i parametri che vanno presi in considerazione per garantire comfort, prestazione visiva e sicurezza:
• Illuminamento e sua uniformità
• Illuminamento delle pareti e del soffitto
• Distribuzione delle luminanze
• Abbagliamento e sua limitazione
• Direzione della luce
• Aspetti cromatici della luce
• Sfarfallamento ed effetti stroboscopici
• Illuminamento dello spazio interno (cilindrico, modellato, direzionale)
• Fattore di manutenzione
• Efficienza energetica
• Integrazione della luce diurna
• Illuminazione in presenza di videoterminali
• Valutazione del rischio dovuto all’illuminazione
• Illuminamento delle pareti e del soffitto
• Distribuzione delle luminanze
• Abbagliamento e sua limitazione
• Direzione della luce
• Aspetti cromatici della luce
• Sfarfallamento ed effetti stroboscopici
• Illuminamento dello spazio interno (cilindrico, modellato, direzionale)
• Fattore di manutenzione
• Efficienza energetica
• Integrazione della luce diurna
• Illuminazione in presenza di videoterminali
• Valutazione del rischio dovuto all’illuminazione
Illuminazione e compito visivo
Fai clic qui per effettuare modifiche.
A questo scopo è stato definito l’illuminamento medio mantenuto Em, cioè il minimo valore di illuminamento medio consentito in una zona dove deve essere svolto un determinato compito visivo: non si può mai scendere al di sotto, di conseguenza l’avvicinamento a questo valore indica che è giunto il momento di effettuare una manutenzione.
A questo proposito è importante sottolineare che, in sede di definizione del valore iniziale dell’illuminamento medio, sarà opportuno dividere il valore di Em fornito dalla norma per il fattore di manutenzione FM per tenere conto dell’inevitabile decadimento nel tempo (quindi ad esempio in una cucina di un ristorante, dove si è determinato un fattore di manutenzione di 0,8, l’illuminamento medio in sede di progettazione non dovrà essere 500 lx come previsto dalla norma UNI EN 12464-1 ma bensì 500/0,8 = 625 lx).
Possono ovviamente esserci diversi valori all’interno di uno stesso locale, potendo convivere differenti tipologie di lavori e quindi di compiti visivi.
A questo proposito è importante sottolineare che, in sede di definizione del valore iniziale dell’illuminamento medio, sarà opportuno dividere il valore di Em fornito dalla norma per il fattore di manutenzione FM per tenere conto dell’inevitabile decadimento nel tempo (quindi ad esempio in una cucina di un ristorante, dove si è determinato un fattore di manutenzione di 0,8, l’illuminamento medio in sede di progettazione non dovrà essere 500 lx come previsto dalla norma UNI EN 12464-1 ma bensì 500/0,8 = 625 lx).
Possono ovviamente esserci diversi valori all’interno di uno stesso locale, potendo convivere differenti tipologie di lavori e quindi di compiti visivi.
Essendo difficile in fase di progettazione individuare con esattezza la zona dove si svolgerà il compito visivo, la norma prevede un’area più estesa attorno a quella sede del compito visivo, chiamata zona del compito visivo, all’interno della quale mantenere l’illuminamento Em (figura 2).
Attorno a questa zona viene definita una zona immediatamente circostante che è una fascia attorno alla zona del compito di ampiezza minima di 0,5 m, nella quale l’illuminamento può essere diminuito rispetto a quello della zona del compito visivo, in base a quanto prescritto dalla tabella 5.
Attorno alla zona circostante viene considerata un’altra area chiamata zona di sfondo. La zona di sfondo è una fascia di almeno 3 metri attorno all’area immediatamente circostante e deve essere illuminata con un valore medio mantenuto pari ad almeno 1/3 dell'illuminamento previsto per l'area immediatamente circostante.
Attorno a questa zona viene definita una zona immediatamente circostante che è una fascia attorno alla zona del compito di ampiezza minima di 0,5 m, nella quale l’illuminamento può essere diminuito rispetto a quello della zona del compito visivo, in base a quanto prescritto dalla tabella 5.
Attorno alla zona circostante viene considerata un’altra area chiamata zona di sfondo. La zona di sfondo è una fascia di almeno 3 metri attorno all’area immediatamente circostante e deve essere illuminata con un valore medio mantenuto pari ad almeno 1/3 dell'illuminamento previsto per l'area immediatamente circostante.
Nel caso in cui non si riescano ad individuare le zone del compito visivo all’interno dell’ambiente di lavoro, ci sono due soluzioni possibili:
a. estendere a tutto l’ambiente la zona del compito, escludendo solo le aree nelle quali si sia certi che non si svolgerà l’attività visiva legata al lavoro, oppure
b. si illumina l'intera area con una uniformità U0 ≥ 0,4 con un livello di illuminamento previsto dal progettista.
Se il compito visivo diventa noto in un secondo momento, il layout dell'impianto deve essere riprogettato per garantire l'illuminamento prescritto.
b. si illumina l'intera area con una uniformità U0 ≥ 0,4 con un livello di illuminamento previsto dal progettista.
Se il compito visivo diventa noto in un secondo momento, il layout dell'impianto deve essere riprogettato per garantire l'illuminamento prescritto.
Chiaramente non ci possono essere variazioni troppo brusche tra zone del compito e zone circostanti, pena abbagliamento e conseguente affaticamento visivo. A questo proposito, per sentirsi bene e non stancarsi precocemente è fondamentale una distribuzione equilibrata delle luminanze.
Per questo scopo va mantenuto un determinato livello minimo di uniformità d’illuminamento sia nella zona del compito visivo che nella zona immediatamente circostante.
L’uniformità di illuminamento è un parametro definito come il rapporto fra l’illuminamento minimo e l’illuminamento medio su una data superficie (Emin/Emedio). La norma UNI EN 12464-1 definisce i valori minimi di uniformità al di sotto dei quali non scendere; o per le zone del compito visivo il valore minimo di uniformità cambia a seconda del compito ed è indicato in tabella 21 o per le zone immediatamente circostanti l’uniformità minima è di 0,4; o per le zone di sfondo l’uniformità minima scende a 0,1.
La stessa norma, per i livelli di illuminamento dei vari locali, propone una scala di valori espressi in lux, di questo tipo: 20 – 30 – 50 – 75 – 100 – 150 – 200 – 300 – 500 – 750 – 1000 – 1500 – 2000 – 3000 – 5000. Detto che 20 lx sono il livello minimo indicato, in quanto è il valore al di sotto del quale non si riesce ad identificare una persona, e che 200 lx è il valore minimo di illuminamento che la norma concede in zone occupate continuamente, si possono accettare delle deviazioni dai valori indicati dalla tabella generale dei requisiti illuminotecnici, aumentandone i lux di gradino (ad esempio da 300 a 500) della scale degli illuminamenti quando esista una delle seguenti condizioni particolarmente critiche di lavoro:
L’uniformità di illuminamento è un parametro definito come il rapporto fra l’illuminamento minimo e l’illuminamento medio su una data superficie (Emin/Emedio). La norma UNI EN 12464-1 definisce i valori minimi di uniformità al di sotto dei quali non scendere; o per le zone del compito visivo il valore minimo di uniformità cambia a seconda del compito ed è indicato in tabella 21 o per le zone immediatamente circostanti l’uniformità minima è di 0,4; o per le zone di sfondo l’uniformità minima scende a 0,1.
La stessa norma, per i livelli di illuminamento dei vari locali, propone una scala di valori espressi in lux, di questo tipo: 20 – 30 – 50 – 75 – 100 – 150 – 200 – 300 – 500 – 750 – 1000 – 1500 – 2000 – 3000 – 5000. Detto che 20 lx sono il livello minimo indicato, in quanto è il valore al di sotto del quale non si riesce ad identificare una persona, e che 200 lx è il valore minimo di illuminamento che la norma concede in zone occupate continuamente, si possono accettare delle deviazioni dai valori indicati dalla tabella generale dei requisiti illuminotecnici, aumentandone i lux di gradino (ad esempio da 300 a 500) della scale degli illuminamenti quando esista una delle seguenti condizioni particolarmente critiche di lavoro:
- Compito visivo critico
- Errori non economicamente accettabili
- Compito svolto per tempi eccezionalmente lunghi
- Dettagli del compito eccezionalmente piccoli
- Capacità visive del lavoratore inferiori alla norma
- Importanti alta produttività e accuratezza nel lavoro o diminuendone i lux dello stesso gradino (ad esempio da 200 a 150), quando le condizioni di lavoro lo consentono:
- Compito visivo con dettagli non particolarmente piccoli o con alti contrasti
- Compito svolto per tempi eccezionalmente brevi
Illuminamento delle pareti e del soffitto
Nella versione 2004 della norma UNI EN 12464-1, nessuna prescrizione era prevista per queste superfici. Invece, nella revisione 2011 sono state inserite delle prescrizioni relative ai valori di illuminamento delle principali superfici di ambienti chiusi.
Le motivazioni che hanno portato a prescrivere questi illuminamenti sono giustificati dal fatto che sia le pareti, che il soffitto, entrano nel campo visivo dell’osservatore (“background”), quindi queste superfici rivestono una notevole importanza nel definire il comfort visivo dell’ambiente. I valori di illuminamento medi prescritti sono:
• per le pareti > 50 lx con U0 ≥ 0,10
• per il soffitto > 30 lx con U0 ≥ 0,10
Le motivazioni che hanno portato a prescrivere questi illuminamenti sono giustificati dal fatto che sia le pareti, che il soffitto, entrano nel campo visivo dell’osservatore (“background”), quindi queste superfici rivestono una notevole importanza nel definire il comfort visivo dell’ambiente. I valori di illuminamento medi prescritti sono:
• per le pareti > 50 lx con U0 ≥ 0,10
• per il soffitto > 30 lx con U0 ≥ 0,10
In una nota è specificato che in locali dove a causa delle dimensioni, della complessità e di costrizioni operative non è possibile rispettare quanto sopra prescritto, un valore ridotto dell’illuminamento potrebbe essere accettato.
Questo significa che, se ad esempio il locale da illuminare è molto alto e gli apparecchi sono molto distanti dal soffitto, le parti più elevate delle pareti saranno poco illuminate, quindi l'illuminamento medio di queste superfici sarà molto basso.
In queste condizioni la norma accetta valori ridotti di illuminamento.
Un’altra nota prevede invece, per locali dove sono presenti attività o compiti visivi che richiedono superfici luminose come uffici, ospedali e aule scolastiche, il valore dell’illuminamento medio mantenuto diventa > 75 lx per le pareti e > 50 lx per il soffitto. L’uniformità rimane per ambedue le superfici U0 ≥ 0,10.
Questo significa che, se ad esempio il locale da illuminare è molto alto e gli apparecchi sono molto distanti dal soffitto, le parti più elevate delle pareti saranno poco illuminate, quindi l'illuminamento medio di queste superfici sarà molto basso.
In queste condizioni la norma accetta valori ridotti di illuminamento.
Un’altra nota prevede invece, per locali dove sono presenti attività o compiti visivi che richiedono superfici luminose come uffici, ospedali e aule scolastiche, il valore dell’illuminamento medio mantenuto diventa > 75 lx per le pareti e > 50 lx per il soffitto. L’uniformità rimane per ambedue le superfici U0 ≥ 0,10.
Distribuzione delle luminanze
La luminanza è l’unica, fra le grandezze illuminotecniche, ad essere percepita direttamente dal nostro occhio.
Di conseguenza risulta di estrema importanza garantire una distribuzione bilanciata della luminanza nel campo visivo dei lavoratori, allo scopo di aumentare la nitidezza della visione, di migliorare la possibilità di distinguere piccole differenze di luminanza, di aumentare l’efficienza delle funzioni oculari (quali l’accomodamento, la convergenza, etc.), e di migliorare il comfort visivo.
La percezione di un oggetto è in funzione del contrasto rispetto a ciò che sta intorno, ossia della differenza di luminanza fra l’oggetto e lo sfondo. Poiché l’entità della luminanza dipende dall’illuminamento di una superficie, dall’indice di riflessione della superficie illuminata e dalla direzione della luce riflessa, la norma consiglia i seguenti fattori di riflessione per le pareti di un locale adibito a lavoro (tabella 6).
Di conseguenza risulta di estrema importanza garantire una distribuzione bilanciata della luminanza nel campo visivo dei lavoratori, allo scopo di aumentare la nitidezza della visione, di migliorare la possibilità di distinguere piccole differenze di luminanza, di aumentare l’efficienza delle funzioni oculari (quali l’accomodamento, la convergenza, etc.), e di migliorare il comfort visivo.
La percezione di un oggetto è in funzione del contrasto rispetto a ciò che sta intorno, ossia della differenza di luminanza fra l’oggetto e lo sfondo. Poiché l’entità della luminanza dipende dall’illuminamento di una superficie, dall’indice di riflessione della superficie illuminata e dalla direzione della luce riflessa, la norma consiglia i seguenti fattori di riflessione per le pareti di un locale adibito a lavoro (tabella 6).
Nella edizione 2011 della norma UNI EN 12464-1 non è più prescritto il fattore di riflessione del piano di lavoro, ma una nota specifica che il fattore di riflessione degli oggetti principali (arredi, macchinari, superfici delle scrivanie) dovrebbe essere compreso tra 0,2 e 0,7.
Gli effetti negativi causati da scelte errate legate alla luminanza possono portare ad abbagliamento (nel caso di luminanze troppo elevate), ad affaticamenti oculari (nel caso di contrasti di luminanza troppo alti) e ad un ambiente di lavoro poco piacevole e poco stimolante (nel caso si ottengano luminanze e contrasti troppo bassi).
In genere un rapporto di 1 a 3 fra la luminanza media della zona immediatamente circostante e quella del compito visivo e di 1 a 10 fra la luminanza media delle aree periferiche del campo visivo, ossia pareti, soffitto e pavimento, e quella del compito visivo, sono considerati valori limite da non superare. Ad esempio se la luminanza del compito visivo è di 150 cd/m2 , la luminanza negli immediati dintorni non deve scendere sotto 50 cd/m2 e quella delle zone periferiche sotto 15 cd/m2 .
Gli effetti negativi causati da scelte errate legate alla luminanza possono portare ad abbagliamento (nel caso di luminanze troppo elevate), ad affaticamenti oculari (nel caso di contrasti di luminanza troppo alti) e ad un ambiente di lavoro poco piacevole e poco stimolante (nel caso si ottengano luminanze e contrasti troppo bassi).
In genere un rapporto di 1 a 3 fra la luminanza media della zona immediatamente circostante e quella del compito visivo e di 1 a 10 fra la luminanza media delle aree periferiche del campo visivo, ossia pareti, soffitto e pavimento, e quella del compito visivo, sono considerati valori limite da non superare. Ad esempio se la luminanza del compito visivo è di 150 cd/m2 , la luminanza negli immediati dintorni non deve scendere sotto 50 cd/m2 e quella delle zone periferiche sotto 15 cd/m2 .
Abbagliamento diretto e indiretto
Per abbagliamento si intende la sensazione visiva causata da una distribuzione sfavorevole delle luminanze e/o da contrasti eccessivi di luminanze nel campo visivo. L’abbagliamento si può dividere in due categorie:
- Abbagliamento diretto (chiamato molesto) che è provocato direttamente dalle sorgenti luminose, cioè dagli apparecchi di illuminazione o dalle finestre;
- Abbagliamento riflesso che è provocato dalla riflessione della luce su oggetti e superfici che fanno da specchio (es. schermo di computer) ;
Temperatura del colore
Per descrivere le proprietà cromatiche di una sorgente luminosa, la norma UNI EN 12464-1 prende in considerazione due fattori:
- La temperatura di colore (TCP) che indica l'apparenza cromatica della luce stessa;
- L'indice di resa del colore (Ra) che dice in che misura il colore di un oggetto illuminato artificialmente (es. pareti, mobili, oggetti di lavoro, etc.) appare naturale a chi lo osserva;
Temperatura di colore
Questo parametro nasce da un confronto che viene effettuato con le variazioni luminose di un corpo nero riscaldato.
Man mano che aumenta la temperatura, il corpo nero passa gradualmente dal rosso all'arancio, al giallo, al bianco, fino al bianco azzurrognolo.
La temperatura di colore di una sorgente luminosa è appunto la temperatura, espressa in gradi kelvin (K), alla quale il colore del corpo nero corrisponderà esattamente a quello della sorgente luminosa. Poiché per molte sorgenti luminose non è possibile ottenere una corrispondenza perfetta, in tali casi si fa riferimento alla corrispondenza più vicina possibile, ed il colore viene descritto come temperatura di colore correlata (TCP).
E’ questa la temperatura che viene indicata nella tabella 9, tratta dalla norma, e che mostra il colore apparente della luce in relazione alla temperatura di colore delle lampade. Si noti che le descrizioni (calda, fredda, etc.) si riferiscono al modo in cui vengono percepiti i colori, ovvero all'impatto psicologico dell'illuminazione. I colori e le sorgenti luminose nella zona blu dello spettro sono indicati come freddi e quelli verso la zona rossa-arancione sono invece descritti come caldi.
Man mano che aumenta la temperatura, il corpo nero passa gradualmente dal rosso all'arancio, al giallo, al bianco, fino al bianco azzurrognolo.
La temperatura di colore di una sorgente luminosa è appunto la temperatura, espressa in gradi kelvin (K), alla quale il colore del corpo nero corrisponderà esattamente a quello della sorgente luminosa. Poiché per molte sorgenti luminose non è possibile ottenere una corrispondenza perfetta, in tali casi si fa riferimento alla corrispondenza più vicina possibile, ed il colore viene descritto come temperatura di colore correlata (TCP).
E’ questa la temperatura che viene indicata nella tabella 9, tratta dalla norma, e che mostra il colore apparente della luce in relazione alla temperatura di colore delle lampade. Si noti che le descrizioni (calda, fredda, etc.) si riferiscono al modo in cui vengono percepiti i colori, ovvero all'impatto psicologico dell'illuminazione. I colori e le sorgenti luminose nella zona blu dello spettro sono indicati come freddi e quelli verso la zona rossa-arancione sono invece descritti come caldi.
Resa del colore
La resa del colore è un indice che ci permette di capire se i colori e la pelle umana, illuminati in modo artificiale, sono resi in modo naturale, cioè appaiono a chi li osserva come illuminati dalla luce del sole.
Nella tabella generale dei requisiti illuminotecnici dei vari locali viene indicato il valore minimo di Ra, che consiste in un numero compreso tra 0 e 100.
Un indice Ra pari o superiore ad 80 viene normalmente considerato alto ed indica che la sorgente ha buone proprietà di resa cromatica; ad esempio le sorgenti di tipo termico, come le lampade a incandescenza, hanno un’ottima resa del colore, mentre le lampade fluorescenti sono invece disponibili in diverse rese.
La norma UNI EN 12464-1 consiglia di non utilizzare lampade con un indice inferiore ad 80 nei luoghi di lavoro dove le persone permangono e/o lavorano per lunghi periodi.
Viene consentito un indice inferiore ad 80, come eccezione, se il locale da illuminare è molto alto, ma comunque va garantita un’illuminazione con un indice di resa del colore più elevata in corrispondenza dei posti di lavoro fissi occupati in continuazione e dove i colori dei segnali di sicurezza devono essere riconosciuti. In generale quindi, un indice Ra elevato significa che una sorgente luminosa renderà bene i colori.
Dato comunque che gli indici Ra sono calcolati per le sorgenti luminose a una specifica temperatura di colore, non ha senso confrontare due sorgenti luminose con differente temperatura di colore e stesso indice di resa del colore Ra. Ricordiamo inoltre che l'indice Ra è la media effettuata su otto differenti colori, e che di conseguenza una sorgente luminosa con un indice Ra elevato non garantisce la resa naturale di uno specifico colore, ma solo la tendenza a rendere bene un ampio spettro di colori.
Nella tabella generale dei requisiti illuminotecnici dei vari locali viene indicato il valore minimo di Ra, che consiste in un numero compreso tra 0 e 100.
Un indice Ra pari o superiore ad 80 viene normalmente considerato alto ed indica che la sorgente ha buone proprietà di resa cromatica; ad esempio le sorgenti di tipo termico, come le lampade a incandescenza, hanno un’ottima resa del colore, mentre le lampade fluorescenti sono invece disponibili in diverse rese.
La norma UNI EN 12464-1 consiglia di non utilizzare lampade con un indice inferiore ad 80 nei luoghi di lavoro dove le persone permangono e/o lavorano per lunghi periodi.
Viene consentito un indice inferiore ad 80, come eccezione, se il locale da illuminare è molto alto, ma comunque va garantita un’illuminazione con un indice di resa del colore più elevata in corrispondenza dei posti di lavoro fissi occupati in continuazione e dove i colori dei segnali di sicurezza devono essere riconosciuti. In generale quindi, un indice Ra elevato significa che una sorgente luminosa renderà bene i colori.
Dato comunque che gli indici Ra sono calcolati per le sorgenti luminose a una specifica temperatura di colore, non ha senso confrontare due sorgenti luminose con differente temperatura di colore e stesso indice di resa del colore Ra. Ricordiamo inoltre che l'indice Ra è la media effettuata su otto differenti colori, e che di conseguenza una sorgente luminosa con un indice Ra elevato non garantisce la resa naturale di uno specifico colore, ma solo la tendenza a rendere bene un ampio spettro di colori.
Manutenzione impianti di illuminazione
La manutenzione degli impianti di illuminazione è essenziale per mantenere nel tempo le prestazioni di un sistema di illuminazione entro i limiti progettuali e per promuovere un uso efficiente dell’energia.
Il livello di illuminazione all’interno di un locale infatti decresce gradualmente nel corso della vita dell’impianto. Il parametro che descrive questa riduzione viene definito fattore di manutenzione (FM), la cui definizione è la seguente: “il rapporto tra l’illuminamento medio sul piano di lavoro dopo un certo periodo di uso dell’impianto (1°manutenzione) rispetto al valore medio dell’illuminamento ottenuto sotto le stesse condizioni quando l’impianto è nuovo”
Il livello di illuminazione all’interno di un locale infatti decresce gradualmente nel corso della vita dell’impianto. Il parametro che descrive questa riduzione viene definito fattore di manutenzione (FM), la cui definizione è la seguente: “il rapporto tra l’illuminamento medio sul piano di lavoro dopo un certo periodo di uso dell’impianto (1°manutenzione) rispetto al valore medio dell’illuminamento ottenuto sotto le stesse condizioni quando l’impianto è nuovo”
Il programma di manutenzione può essere impostato secondo due filosofie di intervento sull’impianto: a intervalli regolari o ad intervalli variabili. Il programma di manutenzione ad intervalli regolari (figura 10) stabilisce una cadenza temporale rigida per gli interventi di pulizia, mentre il programma ad intervalli variabili è impostato su intervalli di pulizia diseguali (figura 11).
Quest’ultima impostazione è particolarmente vantaggiosa nell’ottenere fattori di manutenzione più elevati, quando l’impianto di illuminazione ha elevati costi iniziali e di consumo energetico, ma bassi costi di manutenzione.
Quest’ultima impostazione è particolarmente vantaggiosa nell’ottenere fattori di manutenzione più elevati, quando l’impianto di illuminazione ha elevati costi iniziali e di consumo energetico, ma bassi costi di manutenzione.
Guarda anche: